Wednesday, February 16, 2011

CUCINA POVERA - SARDE AL FORNO CON PATATE







Ora molti si sono “convertiti” al consumo del pesce azzurro ma c’era un tempo in cui i pescatori ributtavano il mare sarde e alici perché il loro prezzo era talmente basso che non compensava la fatica per sistemarle nelle cassette per portarle al mercato.


La mia tendenza caratteriale invece mi induce sempre a non seguire passivamente la corrente e a dare retta al mio istinto e ai miei gusti. Così instaurai un filing particolare con il pesce azzurro fin dalla mia prima giovinezza quando cominciavo a frequentare la banchina peschereccia del porto canale.Tra uno strato e l'altro non dimenticate di spruzzare un pò di sale e di inserire prezzemolo sminuzzato.

Con poche lire portavo a casa il fior fiore del pescato che molti consideravano di serie B e mi dilettavo a cucinarlo e a gustarlo in tutte la salse.

Oggi vi racconto in breve come cucinare le sarde al forno con le patate.Comprate le sarde ovviamente fresche, pulitele e spinatele. Per le quantità regolatevi voi.

Altri incredienti.Pomodorini, patate, cipolla, olio, prezzemolo, sale ed erbe aromatiche.

Oleate una pirofila da forno e iniziate a disporre uno strato di patate tagliate a fette molto sottili seguito da uno di pomodorini tagliati a metà e spruzzate un po’ di sale. Aggiungete uno strato di sarde.

Fate seguire ancora uno strato di patate. Versate un filo d’olio extravergine e ponete ancora uno strato di sarde seguito da uno di pomodorini e cipolla tagliata a pezzettini. Infine coprite con le patate.

Tra uno strato e l’altro potrete aggiungere prezzemolo o altri odori che preferite.


Wednesday, August 11, 2010

MENOMALE CHE LA PASTA C’E’




Una volta la pasta si comprava al negozietto dietro l’angolo (nel mio caso alla botteguccia del paese) e il commerciante ti faceva pagare il peso della carta, quella gialla di paglia, perché non esistevano ancora le confezioni e doveva per forza metteva sulla bilancia prima la carta e poi il quantitativo di pasta richiesta.


Alcune massaie reclamavano perché non era giusto che il bottegaio incassasse i soldi per quei quattro o cinque grammi (peso del foglio di carta) in meno di pasta per ogni cliente servito; alla fine della giornata erano bei soldini “rubati” alla clientela.


Ma questo faceva parte del ritmo di vita di allora. I supermercati esistevano solo nei ricordi dei vecchi che tornavano dall’America e raccontavano di favolosi STORE degli anni 20 dove potevi acquistare dalla banana all’automobile.


In Italia doveva ancora aprire la famosa “Rinascente” a Milano e le botteghe erano ancora le uniche distributrici di prodotti alimentari, dalla grande città alla contrada di montagna.


Era però vicina la rivoluzione dei mercati che lo scoppio della seconda guerra mondiale rinviò soltanto di pochi anni.



Ma perché ho iniziato questo scritto parlando di pasta ? Non solo per ricordare il tempo della mia infanzia quando seguivo mia padre nel negozietto motivato dalla voglia di quel cioccolatino che dopo una breve lagna riuscivo sempre a strappare tra gli acquisti, ma perché ho avuto l’ispirazione leggendo un articolo sul CENTRO intitolato “IL PASTIFICIO DE CECCO BATTE LA CRISI”.



Per la miseria! E’ proprio vero ? - Mi son chiesto. Finalmente qualcuno interrompe la litania delle lamentele (giuste e legittime) sulla mancanza di lavoro per aziende e dipendenti e ciò non può che rialzare il livello del morale di tutti e in modo particolare di noi abruzzesi che di pasta viviamo.



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Friday, July 23, 2010

PAELLA DI CARNE ***Coniglio, pollo e costatine di maiale


Paella di carne.
Fate soffriggere nella Paella una coscia di pollo e una di coniglio a testa insieme a duecento grammi di fagiolini piattoni e salate qb. A parte (almeno due ore prima) avrete messo a bollire in una pentola tante costatine di maiale per quanti commensali avrete ospiti insieme a sedano, carota, cipolla e qualche pomodorino tagliato a metà.
Attendete che le cosce di pollo e di coniglio si siano indorate poi toglietele e mettetele da parte.
Togliete le costatine dal brodo e mettetele nell’olio della paella, aggiungete qualche spicchio d’aglio e mezzo peperone dolce . Fate soffriggere per qualche minuto e poi versate una parte del brodo nella paella, portate a ebollizione, controllate il sale, aggiungete un ramo di rosmarino e un bicchiere d’acqua calda nel quale avrete sciolto dello zafferano puro, possibilmente di Navelli.
Dopo mezz’ora di ebollizione aggiungete il coniglio e il pollo che tenevate da parte e, se necessario, anche del brodo. Portate ancora ad ebollizione e quindi versate il riso (una tazza da caffè abbondante per ogni persona). Cercate di appianare il riso nella paella e poi non lo rimestate più.
Dopo circa 20 minuti, se vedete che il riso è abbastanza secco e cominciate a sentire odore di tostatura vuol dire che la paella è quasi pronta. Mettete al minimo il fornello e girate lentamente la padella in modo da asciugare tutti gli angoli del recipiente. Spegnete il fuoco e coprite la paella con carta da cucina. Lasciatela riposare per cinque minuti, poi servite a tavola.
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Tuesday, January 26, 2010

L’ECCELLENZA A TAVOLA *** Gamberi rosa al limone: un piatto di stagione per palati raffinati



Testi e foto digitali di

Erminio D’Alessandro

Da ottobre inoltrato sino ad aprile si pescano in Adriatico i gamberi rosa (parapenaeus longirostris il nome scientifico), vedi foto numero 1, un gambero di taglia medio piccola dal sapore particolarmente delicato, ritenuto a torto un gambero non pregiato e per questo a buon mercato (circa 20 €uro al chilo). Attenzione la testa si separa dal corpo dopo 24 ore dalla pesca, quindi è facilissimo riconoscere i gamberi rosa freschissimi da poter mangiare crudi. Dopo le 24 ore dalla pesca possono essere utilizzati in tante ricette, ma cucinati. Il gambero rosa ha una resa elevatissima, di gran lunga superiore alla “mazzancolla” ed allo stesso “scampo”, quindi con 500 grammi di gamberi si ricavano circa 300 grammi di polpa. Dal sapore delicato si presta alla preparazione di tanti piatti anche di facilissima e rapida esecuzione, come i gamberi saltati al cognac o per preparare succulenti intingoli al pomodoro o in bianco (con aglio e peperone secco trito) con cui condire della pasta corta o lunga a piacimento.

Con la ricetta che qui presento ritengo che il gambero rosa sia esaltato in tutta la sua prelibatezza e gustato a crudo secondo una tendenza di rivalutazione del pesce crudo che nulla ha da imparare da usanze orientali, ma si fonda su antiche ricette della marineria pescarese ed abruzzese.
Per quattro persone sono sufficienti 500 grammi di gamberi rosa, solo 10 €uro per un piatto da leccarsi i baffi.
Ma veniamo alla semplice preparazione: sgusciare i gamberi rosa a crudo e tenerli in una bacinella con acqua e sale e cubetti di ghiaccio (metà acqua e metà cubetti di ghiaccio), la polpa di gambero resterà turgida e non molle; tagliuzzare dei limoni freschi e profumati, possibilmente non trattati in proporzione identica alla quantità di gamberi rosa sgusciati; spremere un paio di limoni ed emulsionare il succo con olio extra vergine di oliva e prezzemolo finemente triturato. Non più di 10/15 minuti prima di consumare il piatto, scolare i gamberi freddi ed unirli ai pezzetti di limone ed all’intingolo di olio, succo di limone e prezzemolo, mescolando il tutto. La presentazione del piatto, come nella foto numero 2, può essere arricchita con una nota di colore di radicchio trevigiano che con il suo gusto amarognolo sposa perfettamente con il dolciastro dei gamberi rosa al limone.
Un piatto di stagione per palati raffinati da servire con un ottimo prosecco fresco.

Monday, January 04, 2010

TORNA DALL’AMERICA PER TRASGREDIRE IL DIVIETO DI MANGIARE TRIGLIE FRITTE




L’ultimo giorno dell’anno si può anche eccedere nel mangiare. Almeno questo è il contenuto di molti discorsi dei consumatori all’interno dei supermercati dove ci si va a rifornire per soddisfare la gola e per “santificare” le feste natalizie. A volte capita che il piatto che più ci piace è in cima alla lista che il dietologo di ha proibito.

Proprio in questi giorni ho avuto ospite a tavola un caro Compare che risiede in America e che va matto per le triglie fritte dell’Adriatico. Torna ogni anno a Pescara per rivedere i parenti e gli amici, ma anche per farsi una scorpacciata di triglie fritte.
Il suo medico americano, per motivi di salute, gli ha tassativamente vietato ogni tipo di cibo fritto.
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Ma si ! Caro Compare, per un giorno dimentichiamo le frustrazioni e i sensi di colpa. Mangiamo con gusto, almeno per un giorno, facciamoci una bella pasta allo scoglio, piuttosto dietetico, e poi per secondo, friggiamo una bella scafetta di triglie comprate oggi sulla banchina del porto canale.

Allora mi metto all’opera sui fornelli.

Preparo una pasta allo scoglio con frutti di mare di ogni tipo, li faccio ammorbidire (senza soffriggere) in olio extravergine, una spruzzata di vino bianco e poi aggiungo il pomodoro (fig.1/2). Dopo pochi minuti, quando il sughetto si è amalgamato, verso dentro la padella la pasta lessata in acqua salata e scolata (fig.3).

Poi passo all’azione “delittuosa”. Friggo le triglie fresche dell’Adriatico in abbondante olio extravergine d’oliva (fig.4/5).

Il Compare aveva gli occhi lucidi per la gioia o forse per il gusto perverso per aver trasgredito al divieto del suo medicoHa ingerito le triglie con lo stesso stato d’animo di chi sospende dopo un anno lo sciopero della fame.
Infine, per dimostrarmi la sua gratitudine ha fatto anche il bis della pasta allo scoglio (fig. 6)

Ad ogni buon conto, per evitare che il mio ospite tornando in America piombasse nella depressione, gli ho promesso che ogni volta che ritorna (una volta l’anno) potrà contare su una scorpacciata di triglie fritte del suo Adriatico a condizione, però, che si attenga per il resto dell’anno alle prescrizioni del medico USA.

(Per visualizzare le immagini ben definite cliccarci sopra)

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Monday, September 21, 2009

PASTA ALLO SCOGLIO SQUISITA, FACILE, SICURA ED ECONOMICA















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Di solito non si presenta un piatto in canottiera ma mi trovavo a bordo della barca di un amico con 35° all’ombra e gli altri erano tutti in costume.
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Amici amanti della buona cucina, non scandalizzatevi di questo articolo e cercate di liberare la mente da pregiudizi e luoghi comuni nei confronti del pesce congelato.
Sono il primo a riconoscere che il pescato di piccola taglia fresco è sempre preferibile a quello congelato, perciò mettiamo su piani diversi le due categorie di alimenti e parliamo invece del congelato di media e grossa taglia, di crostacei e molluschi.
Non vi dirò in quale negozio mi servo per ovvi motivi di pubblicità, ma assicuratevi prima di tutto che il prodotto sia garantito da una organizzazione affidabile che assicuri una catena del freddo continua per il trasporto del pescato dalla “barca fattoria” al banco di vendita al pubblico.

La mia può sembrare una raccomandazione scontata perché i commercianti dicono sempre che “tutto è regolare”, ma una nostra attenzione sulle garanzie della ditta non è mai troppa. Secondo la mia esperienza in merito credo che gli esercizi più affidabili siano le catene di negozi presenti in tutta o in buona parte della Penisola. I supermercati sono anche sicuri, ma può capitare, come ho avuto modo di constatare di persona, che un cliente tolga dal banco una confezione, la metta nel carrello e poi ci ripensi e, irresponsabilmente e inciveolmente, la lasci in un posto qualsiasi. In questi casi la confezione, una volta ritrovata dal personale dovrebbe essere eliminata ma…siamo sicuri che non venga rimessa nel banco ?

Allora parliamo di quei punti vendita super sicuri dove la merce arriva con giornalmente con mezzi attrezzati e il cliente, può prelevare dal banco, con adeguate protezioni igieniche, la merce che desidera, metterla in una busta e poi passare alla cassa per pagarla.

Così mi comporto quando decido di cucinare un piatto di pesce congelato.

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PASTA ALLO SCOGLIO PER 4 PERSONE

- Compro 500g di misto scoglio (gamberi, cozze sgusciate, gamberetti sgusciati, vongole sgusciate, cozze semi sgusciate, calamaretti, anelli di totano), valore 4,00 € .
Metto il tutto a scongelare nel forno a microonde (oppure in uno scolapasta per qualche ora).
Preparo un misto di aglio, cipolla e peperone dolce tagliati a pezzettini per creare una base iniziale dove soffriggere in olio extravergine il prodotto scongelato e scolato.
In una padella dal bordo basso verso dell’olio e accendo il fornello.
Esecuzione
Quando l’olio inizia a scaldarsi, verso il preparato e lascio soffriggere a fuoco lento per qualche minuto; aggiungo un mezzo bicchiere di vino bianco e copro il recipiente.
Dopo 5 minuti verso il prodotto scongelato e copro di nuovo la padella, spruzzo del sale e lascio cuocere per altri 10 minuti.
A questo punto controllo il liquido e aggiungo un mezzo bicchiere d’acqua e due cucchiai di concentrato di pomodoro.
Quando vedo che il tutto sia abbastanza amalgamato verso nella padella 400 g. di pasta lessata al dente in acqua salata e scolata. Faccio saltare per qualche minuto e porto in tavola.

PS. - Scolando la pasta lasciatevi un po’ d’acqua di cottura che potrà servirvi nel caso che la pasta risultasse troppo asciutta.

Monday, September 07, 2009

SAPORE DI…PECORA SOTTO IL GRAN SASSO D’ITALIA *** La pequere a lu callare”


Chiedo scusa a chi legge se accosto il nostro Massiccio alla pecora. Ma un vero abruzzese non dovrebbe scandalizzarsi. Il tanto bistrattato animale è stato per millenni un vero protagonista per la sopravvivenza delle nostre popolazioni (formaggio, lana e carne).Ma non voglio scrivere una monografia sulla pecora né, tanto meno, ricordare che fino agli anni 60 la nostra televisione mostrava negli intervalli greggi di pecore pascolanti sulle nostre colline.E nemmeno voglio citare la bella poesia del Poeta pescarese ispirata alla transumanza ….” …E vanno pel tratturo antico al piano….”Invece voglio ringraziare pubblicamente l’amico radioamatore Roberto Danesi Maria De Luca, i6DNS, che mi ha ospitato insieme ad altri amici con xyl al seguito, nella sua “baita” alle pendici del Gran Sasso d’Italia, per gustare la famosa “Pecora alla callara”. Tradotta in italiano: “Pecora cotta al caldaro o caldaio”.Per i non abruzzesi dirò che questa è una delle ricette più antiche e tradizionali della nostra Terra.Nelle epoche passate, quando la pastorizia era l’attività preminente nelle campagne e quando i pastori erano costretti a cibarsi soltanto di quello che avevano a portata di mano, ogni tanto, stufi di mangiare il formaggio prodotto da loro stessi, sacrificavano la pecora più anziana del gregge e la facevano bollire nel caldaro o caldàio. Detto così potrebbe sembrare una cinica battuta, ma se si fa curare la carne prima di bollirla insieme a tanti aromi naturali il discorso cambia e l’odore della pietanza cotta non ha nulla a che vedere con quello dell’ovino vivo.Le varianti alla ricetta sono tante e tutte hanno come denominatore comune la lunga cottura a fuoco lento della pecora.Non so esattamente cosa abbia fatto la gentile Rosanna, XYL di Roberto, per rendere il piatto tanto appetitoso ma una cosa è certa, gli ospiti si sono tutti leccati i baffi e hanno chiesto il bis.A Robbè, la prove arscite bbone ….quande faceme sul serie ?Didascalia foto:1 – Rosanna e Roberto preparano la “bruschetta” come aperitivo.2 – La pecora cotta al caldaro portato in tavola.3 – La tavolata degli amici di Roberto riuniti all’aperto.4 – Il buffet delle delizie preparate da Rosanna.5 – Luigi ed Evandro.6 – Da sinistra, Giustino e Fabrizio alle prese con la pasta fatta in casa al sugo di funghi del Gran Sasso.7 – Da sinistra le XYL di Vittorio i6VTO e Romano i6VDB.8 – Da sinistra: Tonino, Romano, Vittorio, Pasqualino (detto il direttore di macchina) e Roberto.9 – I richiestissimi peperoni arrosto.10 – Peperoncini piccanti farciti al tonno. Una specialità di Vincenzina (XYL di Tonino).