Wednesday, August 11, 2010

MENOMALE CHE LA PASTA C’E’




Una volta la pasta si comprava al negozietto dietro l’angolo (nel mio caso alla botteguccia del paese) e il commerciante ti faceva pagare il peso della carta, quella gialla di paglia, perché non esistevano ancora le confezioni e doveva per forza metteva sulla bilancia prima la carta e poi il quantitativo di pasta richiesta.


Alcune massaie reclamavano perché non era giusto che il bottegaio incassasse i soldi per quei quattro o cinque grammi (peso del foglio di carta) in meno di pasta per ogni cliente servito; alla fine della giornata erano bei soldini “rubati” alla clientela.


Ma questo faceva parte del ritmo di vita di allora. I supermercati esistevano solo nei ricordi dei vecchi che tornavano dall’America e raccontavano di favolosi STORE degli anni 20 dove potevi acquistare dalla banana all’automobile.


In Italia doveva ancora aprire la famosa “Rinascente” a Milano e le botteghe erano ancora le uniche distributrici di prodotti alimentari, dalla grande città alla contrada di montagna.


Era però vicina la rivoluzione dei mercati che lo scoppio della seconda guerra mondiale rinviò soltanto di pochi anni.



Ma perché ho iniziato questo scritto parlando di pasta ? Non solo per ricordare il tempo della mia infanzia quando seguivo mia padre nel negozietto motivato dalla voglia di quel cioccolatino che dopo una breve lagna riuscivo sempre a strappare tra gli acquisti, ma perché ho avuto l’ispirazione leggendo un articolo sul CENTRO intitolato “IL PASTIFICIO DE CECCO BATTE LA CRISI”.



Per la miseria! E’ proprio vero ? - Mi son chiesto. Finalmente qualcuno interrompe la litania delle lamentele (giuste e legittime) sulla mancanza di lavoro per aziende e dipendenti e ciò non può che rialzare il livello del morale di tutti e in modo particolare di noi abruzzesi che di pasta viviamo.



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